Diritto di associazione

Diritto di associazione: cosa c’è da sapere

In diritto civile, un’associazione è l’unione di piú persone che cooperano in modo permanente per il raggiungimento di un fine comune o per la gestione di un interesse comune. Le associazioni possono essere economiche, politiche, religiose, artistiche, scientifiche, morali, sportive, di beneficenza, ecc. a seconda dello scopo che si prefiggono, scopo che non può essere in contrasto con gli interessi della collettività.

Associazioni che hanno fatto la storia

Nasce cosí il concetto di limite al diritto di associazione. Lo spirito di associazione si manifestò presso i Romani con i collegia, la cui esistenza e i cui statuti dovevano essere approvati dallo stato. Il fenomeno associativo ha ulteriori sviluppi, all’epoca dei comuni con la creazione delle Corporazioni mercantili e artigiane e delle Consorterie. Organizzate in forma autoritaria, le Corporazioni arrivano talvolta a conquistare i pubblici poteri attraverso gli organi politici ed amministrativi da esse imposti.

Con il sopravvenire delle signorie e delle monarchie assolute esse conservarono soltanto un carattere economico, ma andarono perdendo autorità col modificarsi dell’economia. Nel sec. XVIII gli scrittori che prepararono la Rivoluzione francese si accanirono contro di esse pretendendo la libertà di lavoro del cittadino, e sono appunto le leggi della Rivoluzione a considerare le Corporazioni come limitative delle libertà individuali e come tali a sopprimerle.

Il codice penale napoleonico proibí l’istituzione di associazione di qualsiasi natura, che avessero piú di venti soci, senza l’autorizzazione del governo. Ma il bisogno insopprimibile di associarsi per tutelare particolari interessi fece sí che esse si ricostituissero e sul finire del secolo scorso la libertà di associazione viene pian piano riconosciuta da tutti gli stati, sia pure con qualche discriminazione per ciò che concerne le associazioni religiose.

Associazioni in Italia

Gravi furono in Italia le limitazioni imposte dal fascismo al diritto di associazione: l’autorità di pubblica sicurezza doveva prendere conoscenza dell’atto costitutivo, dello statuto e dei regolamenti di ogni associazione, oltre all’elenco delle cariche e dei soci, e i prefetti avevano facoltà di sciogliere associazioni, enti e istituti che svolgeranno attività terzi (beneficenza) o a vantaggio degli associati.

Tali associazioni presuppongono un fine lecito da perseguirsi con mezzi leciti e possono non avere pebonalità giuridica ed economica, benché operino nel mondo giuridico ed economico. Tuttavia non rientrano in questo campo quelle forme di associazione a cui lo stato ha riconosciuto un fine di utilità generale e ha concesso un’autonomia giuridica, come le associazioni di mutuo soccorso e di mutua assicurazione che hanno per scopo principale di porgere assistenza agli associati, ma senza fine di lucro. Lo stato le regola con leggi speciali e concede loro agevolazioni specialmente di carattere fiscale.

Un’associazione di fatto a carattere commerciale (che nulla ha a che fare con le società commerciali propriamente dette) è l’associazione in partecipazione che non costituisce un ente distinto dalle persone dei soci (come avviene delle società commerciali) e quindi non ha una personalità propria. Essa è un contratto in forza del quale una persona o piú persone si associano ad altra persona o piú persone per dividere il guadagno che si presume derivare da una determinata operazione commerciale.