Domestici col chip

Domestici col chip

Sono già in molte case, anche la nostra probabilmente, per quanto non ce ne accorgiamo. Non sono robot maggiordomi, ma oggetti molto più semplici: lavatrici in grado di pesare il carico, individuare il tipo di tessuto e dosare il detersivo o, ancora, frigoriferi capaci di leggere le etichette dei prodotti e segnalare sugli smartphone dei proprietari che il latte sta scadendo. Macchine con livelli ampi o limitati di autonomia, ma già in grado di sostituirsi a noi nello svolgere compiti di ogni genere.

Umanoidi o no?

L’industria robotica guarda alla casa con grande attenzione, alla ricerca della “killer application”, cioè di quel prodotto di cui si senta la necessità in tutte le abitazioni, come è accaduto per il televisore o il frigo. Qualcosa di indispensabile, che possa dar vita a una produzione su larga scala e rivitalizzare l’industria. Negli anni Novanta si preconizzava per i robot un futuro paragonabile a quello dell’auto: il mercato dei robot, si pensava, avrebbe presto preso il posto di quello delle automobili.

Le cose, però, non sono andate così. Perlomeno, non ancora. Secondo alcuni esperti, la spiegazione sta nel fatto che non si è seguita la strada giusta. I primi prodotti pensati per uso domestico nati in Giappone avevano sembianze umane, ma progettare robot umanoidi è molto difficile, soprattutto per la camminata su due gambe. Ecco perché i robot domestici hanno seguito altre strade.

I chip che puliscono la casa

L’esempio più lampante sono i robot aspirapolvere, di cui oggi esistono decine di modelli per tutte le tasche, capaci anche di lavare i pavimenti o, nelle nuove varianti, di pulire i vetri o falciare l’erba del giardino. I primi a sviluppare robot di questo genere sono stati gli americani di iRobot, una società nata per iniziativa di un gruppo di robotici del MIT, il Massachusetts Institute of Technology di Boston, negli Usa. Colin Angle, uno dei fondatori, spiega: Per un robot aspirapolvere abbiamo capito subito che l’impostazione umanoide non aveva senso.

Troppo complesso creare una macchina simile a un uomo, in grado di muoversi in una casa senza urtare nulla, arrivare bene negli angoli e anche sotto i letti. La soluzione migliore era un oggetto a rotelle, alto non più di 10-15 cm per infilarsi dovunque e dotato di un sistema di navigazione che gli consenta di non passare due volte sullo stesso posto ma anche di coprire tutta la superficie della casa.

Il grosso del lavoro, al di là dei sistemi di spazzole e di aspirazione, è stato dedicato a sviluppare un insieme di sensori e software in grado di portare il robot in giro per la casa, impedirgli di cadere dalle scale o di far inciampare le persone, riconoscere gli ostacoli e muoversi in un ambiente “destrutturato” come quello domestico, cioè che può cambiare in ogni momento, perché qualcuno sposta una sedia o lascia un giocattolo per terra.